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Curriculum

Il professore Mario Pangallo è dottore in Teologia presso l’Università Lateranense e laureato alla Sapienza di Roma in Lingue e Letterature straniere moderne.

Acquisisce una approfondita conoscenza del pensiero di Antonio Rosmini con particolare attenzione al confronto con la teoresi moderna e contemporanea, promuovendo iniziative culturali in Italia e all’estero atte alla divulgazione del pensiero di Antonio Rosmini e Clemente Rebora, mediante conferenze e pubblicazioni di libri e articoli su giornali e riviste. Direttore, in passato, della Biblioteca Rosminiana in Rovereto e Rettore della Casa Natale di Antonio Rosmini, è ora attivo in campo pastorale ed è docente presso la Pontificia Università Teologica San Bonaventura (Seraphicum), a Roma.

Ha pubblicato nel 2007 l’opera in tre volumi Antonio Rosmini e il Collegio medico di San Raffaele. Errore di valutazione o progetto illusorio?, I-III, Editio solida, Verona 2007, nella edizione Fede & Cultura. 

Con gli stessi tipi di Fede & Cultura ha poi proposto il testo Rosmini e il fallimento della facoltà di medicina di S. Raffaele. Diffidenza della Curia romana o incompetenza giuridica rosminiana? Editio vulgata, Verona 2007.

Nel 2008, ha pubblicato un libro che indaga lo stretto legame tra la filosofia rosminiana e la poetica reboriana nel testo Rosmini e Rebora. Armonia di pensieri e parole, Ed. Fede & Cultura, Verona 2008.

Nel 2012 pubblica Virtù e morale. Libero pensiero di Antonio Rosmini, Fede & Cultura, Verona 2012.

Varie sono le pubblicazioni di articoli per riviste e giornali., oltre a conferenze, dibattiti, ritiri spirituali.

Intervento nel Docufilm

Mentre la vocazione sacerdotale, in Antonio Rosmini, è frutto di una giovanile consapevolezza e immediata determinazione, la maturazione alla vita consacrata, nel Roveretano, si va delineando di pari passo con una ricerca spirituale che giunge a sfociare nel breve, ma fondamentale opuscolo ascetico delle Massime di perfezione cristiana.

Nel 1821, Rosmini, giovane prete, è a Verona, ospite con la sorella Giuseppina Margherita presso le Figlie della Carità, fondate nel 1808 dalla contessa Maddalena di Canossa. Cogliendo la ricchezza spirituale e la profondità culturale del giovane sacerdote, la Canossa invita l’ospite a dare inizio ai Figli della Carità, il ramo maschile del suo Istituto. Rosmini promette soltanto di preparare un modello di vita comunitaria di chierici regolari, che rispecchi le richieste della Fondatrice. Questo consente al giovane filosofo di approfondire Regole e Statuti di parecchi Ordini e Congregazioni religiose e di portarlo a concludere che la finalità del nuovo Istituto dovrebbe abbracciare ogni forma di carità, compresa la pastoralità universale legata all’ordinazione episcopale, se la Chiesa lo richiedesse. Quest’ultimo punto non trova l’approvazione della nobildonna, che vuole una comunità caritativa maschile fondata sull’umiltà, lontana da promozioni ecclesiastiche.

Dopo l’ordinazione sacerdotale, il Roveretano si era conformato ad un personale indirizzo ascetico: avere coscienza delle proprie fragilità, e riconoscere che Dio può compiere grandi cose anche mediante la propria piccolezza umana. Questi due principi, uniti ad un profondo amore alla Chiesa ed allo ‘spirito di intelligenza’, daranno corpo alle Massime di perfezione cristiana. Pertanto, quando nel 1827, a Milano, presso casa Manzoni, un giovane sacerdote lorenese chiede a Rosmini di unificare i propri intenti per il rinnovamento del clero, il prete roveretano coglie nell’invito un segno chiaro della Provvidenza e il 20 febbraio 1828, a Domodossola, presso il santuario del Sacro Monte Calvario, dà inizio all’Istituto della Carità, la cui finalità è la ‘carità universale’.